"Il Perugino del Papa", ambasciatore della bellezza italiana e della nostra città.
Vogliamo tornare ad accentrare l'attenzione intorno al Perugino per ricordare quanto potrebbe essere un grande potenziale, nonché ambasciatore, per la nostra città.
Lo ritroviamo protagonista nelle più importanti istituzioni museali mondiali, lo abbiamo visto l'anno scorso al centro di un’importante mostra parigina, più volte presente in servizi di telegiornali e in foto di cronaca culturale di testate giornalistiche; lo vediamo campeggiare sullo sfondo di photo opportunity delle delegazioni internazionali in visita al Papa. Infatti, un importante capolavoro del Vannucci campeggia sulla parete di fondo della biblioteca privata del Papa.
La tavola si trovava in origine nella chiesa perugina di San Francesco al Prato: commissionata nel 1499 da Bernardino di Giovanni di Corneto, venne posta sull'altare di famiglia all'interno della chiesa.
Cardine dell'opera la figura di Cristo posta nella mandorla, attorniata da due angeli.
Anche se grande rilievo ha il coperchio del sarcofago, una lastra di pietra posta di traverso, il dipinto mostra un compiaciuto e spericolato sguincio prospettico, che poi rimanda a quello del paesaggio pervaso da una foschia che si perde in lontananza.
La tavola arriva in Vaticano dopo alterne vicende e segue i destini di altri capolavori conservati nella chiesa di San Francesco al Prato: insieme ad un altro dipinto, l'Incoronazione della Vergine, di Raffaello, venne requisita dalle truppe Napoleoniche ed entrò a far parte delle collezioni del Louvre.
Dopo il congresso di Vienna e la sconfitta di Napoleone Bonaparte, molte opere fecero rientro in Italia. Fu il grande artista Antonio Canova a curare e gestire l'operazione. Tra i capolavori che rientrarono c’erano le due opere citate, che però dovettero rimanere a Roma e oggi fanno parte della pinacoteca Vaticana, nella quale si conserva un altro straordinario capolavoro del Vannucci: la Maestà dei Decemviri, di cui rimane a Perugia la cimasa.
La chiesa di San Francesco al Prato ebbe un triste destino: crollò due volte. Oggi sono in corso lavori di restauro per trasformarla in auditorium. Era uno dei più importanti luoghi sacri - oltre che d'arte - perugino, e conservava oltre ai capolavori già citati, la Deposizione Baglioni di Raffaello, capolavoro assoluto, dipinto fatto trafugare nottetempo dal cardinale Scipione Borghese e oggi conservato nell'omonima galleria romana, e un'altra tavola del Perugino: un martirio del San Sebastiano, molto simile nell'impostazione a quello di Panicale, che rovinò a terra dopo un terremoto, subendo notevoli danni e perdite di colore (oggi si trova nei depositi della Galleria Nazionale).
Molte opere invece vennero commissionate dai Papi, alcune andare perdute, come l'affresco con l'Assunzione al cielo della Vergine nella Cappella Sistina, che venne distrutto per lasciare spazio al Giudizio Universale di Michelangelo; si conservano, nella cappella papale, superstiti gli affreschi del Battesimo, della Fuga in Egitto e un capolavoro assoluto per la concezione e composizione spaziale, la Consegna delle Chiavi.
Nella vecchia Basilica Costantiniana di San Pietro si conservava un affresco di Pietro con una Resurrezione andata distrutta quando venne demolita la vecchia basilica; il Perugino fu chiamato da Giulio II a decorare i suoi appartamenti in Vaticano, dove realizzò una delle volte degli ambienti. Succedette al lavoro il giovane allievo Raffaello (”raccomandato” dallo zio Donato Bramante), che decise di conservare l'opera del maestro che ancora decora uno dei soffitti di quelle che conosciamo come “stanze di Raffaello”.
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