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IL PRONTO SOCCORSO a CITTA' della PIEVE: servivano i morti per un dietrofront?


Nei giorni scorsi Città della Pieve è stata travolta dalla morte di due motociclisti alle porte della città. La tragedia nella tragedia è stata, secondo la testimonianza di molti, l'impossibilità di un intervento immediato e tempestivo dei soccorsi, lentezza non imputabile alla malasanità tout court, ma piuttosto alle distanze naturali da cui i soccorsi dovevano arrivare.

Un cittadino, indignato dal "tototempicongrui", scrive è successo davanti casa mia, "Io c'ero" e non erano affatto tempi congrui".

La questione dei "tempi congrui" è quella che infiamma la vera battaglia pievese negli ultimi mesi e cioè da quando l'Amministrazione Comunale guidata da Fausto Scricciolo, ha accettato dequalificazione del Pronto Soccorso pievese in Primo Soccorso, senza alcuna garanzia sui tempi di intervento nelle emergenze/urgenze.

Emergenze/urgenze che hanno già mietuto altre vittime.

La città rimase stordita appena un mese dopo i festeggiamenti ed i tagli del nastro quando, una mattina di primavera, una signora pievese, molto conosciuta e amata, accusò un malore e morì in attesa dell'ambulanza da Castiglione del Lago.

Il grido di dolore è lacerante.

Nella disperazione dall'ex-ospedale gli infermieri uscirono a piedi e provano a raggiungere di corsa la piazza, coprono un un lenzuolo l'ingresso dell'esercizio dove è accaduto il fatto e tentano di intervenire.

Ma non c'è nulla da fare.

L'immagine è terribilmente forte e lascia la città attonita ... A scrivere che si "muore in piazza" si viene tacciati di allarmismo ed i nuovi "sciacalli" vengono derisi.

Come viene deriso il Sindaco di Montegabbione che spaventato dall'isolamento in cui versa il suo comune senza il presidio pievese si lancia in una battaglia simbolo: promuove un ricorso al TAR contro la Regione dell'Umbria.

Passano altri mesi il bilancio delle morti sale, una giovane pievese accusa un malore, arriva al Primo Soccorso, ma il ricovero non è più possibile. Torna a casa e muore dopo poco ore sotto gli occhi attoniti della famiglia.

La popolazione è appesantita anche da una sanità lunga e farraginosa che costringe tutti a lunghi spostamenti per visite, terapie, analisi diagnostiche; un iter che costringe molte famiglie a cercare supporti, anche economici, per il trasporto dei malati, degli anziani, dei disabili ...

La somma dei morti riconduce sempre ad una serie di scelte che declassano e depauperano i cittadini di servizi essenziali, che lasciano Città della Pieve - che vuole dirsi città turistica e dell'accoglienza - ai margini di un territorio "pericoloso".

Una somma che finalmente spinge anche il Sindaco Fausto Scricciolo, che, fino al giorno prima dell'ultimo incidente, si era detto favorevole alle scelte della Marini auspicando blandi correttivi (peraltro mai attuati), ad una azione forte e simbolica: minaccia le dimissioni della sua giunta se non ci saranno azioni concrete.

Verrebbe da dire finalmente!

Finalmente anche il Partito Democratico Pievese (esponente monocolore del governo della città) ha compreso che le operazioni promosse e attuate dal Partito Democratico a livello comprensoriale e regionale non solo sono scellerate, ma generano morte.

La risposta della Regione dell'Umbria per voce dell'Assessore Regionale Barberini è celerissima, un no secco accompagnato da un ridicolo "Tempi congrui e manca il bacino d'utenza".

Siamo certi che la Giunta Scricciolo non si dimetterà, e come accadde al Sindaco Riccardo Manganello nel 2012 (La giunta Manganello scriss una lettera pubblica alla Presidente Marini che affisse in tutta la città dove chiedeva un incontro con l'allora assessore alla sanità Tomassoni, lettera peraltro mai ascoltata che segnò la fine di quella giunta. La marini tornò a Città della Pieve la prima volta a salutare il nuovo Sindaco Scricciolo) lo sgarbo sarà sanato col silenzio della Regione.

Dunque per un dietrofront servivano i morti?

In attesa di ulteriori sviluppi, soprattutto da parte della giunta Scricciolo, ciò che è difficile accettare è che la vita è un numero e che i numeri quando sono pochi non hanno diritto alla vita. Un gioco di parole pericoloso che rischia però consentire che qualcuno, ancora, muoia per strada.




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